venerdì 22 luglio 2011

To eat or not to eat: that's the question

Oggi mi sono accorta di aver dimenticato parte del pranzo a casa. 
Il che è drammatico per una cicciona complessata come me, per almeno due motivi fondamentali:
  1. Non riesco a comprare cibo senza rimuginare sul fatto che l’esercente ed eventuali clienti pensino: “Ancora pensi a magnà, aho!!! Datte na regolata!!!” anche se mi ignorano amabilmente. E’ un meccanismo che parte in automatico. Vedo qualcuno che ride? Ride di me! Vedo qualcuno storcere la bocca? È schifato da me! Poco importa se poi si accascia al suolo per un ictus. Ce l’ha con me a prescindere! Insomma, oltre ad essere cicciona, sono anche una paranoide schizofrenica.
  2. Nelle fasi di dieta, ho il conta-calorie automatico nel cervello e quindi seleziono il cibo in funzione del suo potere calorico. Dimenticare il pranzo significa decidere tra: pizzeria, rosticceria, e qualsiasi altra rivendita di robe ipercaloriche che termina in  -eria. Digiamogelo, non è carino entrare in un negozio e farsi vedere incollati al bancone ripetendo a bassa voce “questo no, ha il 30% di grassi insaturi” “Questo no, ha 543kcal per 100 grammi” “Questo no che mi fa diventare stitica” “Questo no che provoca ritenzione”.
Insomma, credo che abbiate capito.
Come ho risolto il problema del pranzo?
Ho passato la prima ora a decidere se fosse stato meglio digiunare o affrontare il peccaminoso giro per la ricerca di cibo. Quando lo stomaco ha cominciato a gorgogliare così tanto da disturbare la signora del piano di sotto, mi sono decisa: dovevo trovare qualcosa di commestibile, da comprare velocemente, in un negozio possibilmente vuoto in cui esercitare tutto il mio anonimato.
Ho scorto una panetteria di nicchia e sono entrata. Tra lo scorgere e l’entrare è iniziata una lunga fila di pippe mentali:
“Chiederò un panino vuoto. Però il panettiere si stupirà, magari mi chiederà se ci voglio qualcosa dentro. Io dirò di no e lui mi prenderà per il culo dicendo “Mica so’ du fette de prosciutto che te faranno ingrassà!”. No no, devo evitare, gli chiederò tre panini vuoti così sembrerà che li compro per la mia famiglia inesistente. Oppure penserà “Anvedi questa, se magna tre panini pe’ pranzo”
Nel frattempo:
“Signora desidera?”
Signora? Mi ha detto signora? Ma quanti anni sembra che abbia???? “Ehm, vorrei due panini da portare a casa”
“Ecco, 52 centesimi”
“Grazie”
“Arrivederci”
Non mi ha nemmeno guardato in faccia. Le pippe mentali ti rendono un regista così creativo che manco Steven Spielberg.
A pranzo, quindi, ho mangiato uno dei panini vuoti e bevuto qualcosa come settimila caffè (Alex Britti, ha preso spunto da me per la sua canzone). 
Il dramma è sorto nel pomeriggio quando il mostro che ho nella pancia ha cominciato a dire che sentiva un certo languorino, che c’era un panino solo in un cartoccio che chiamava la mamma, che voleva tenerlo stretto a sé…
Dall’altro lato un piccolo barlume di coscienza mi ripeteva che ero a dieta, che un panino non mi avrebbe dato niente se non qualche grado di morbidezza in più.
Ho passato il pomeriggio a togliere il pane dalla busta, ad annusarlo, ad avvicinarlo alla bocca per addentarlo e…velocemente rimetterlo in busta prima che i denti lo toccassero.
Tutto il pomeriggio questa lotta estenuante tra il mostro della pancia e il barlume di coscienza:
prendi il pane
avvicinalo alla bocca
riponilo subito
prendi il pane
avvicinalo alla bocca
riponilo subito
prendi il pane
avvicinalo alla bocca
riponilo subito
Avete presente il film “Bianco, rosso e Verdone” con la mitica Sora Lella?
E allungaje 'e gambe, aristendije 'e gambe, aritiraje 'e gambe, aricoprije 'e gambe... io jee tajerei quee gambe!

Che poi non si dica che l’obesità non è una malattia mentale.

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